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Segnalazioni Librarie
Luigi Dell’orbo ci accompagna alla scoperta del romanzo “Il veggente d’Étampes” di Abel Quentin.
Data di pubblicazione:

Luigi Dell’orbo ci accompagna alla scoperta del romanzo “Il veggente d’Étampes” di Abel Quentin.
Data di pubblicazione:
Abel Quentin, Il veggente di Étampes, Edizioni e/o, 2024
Questo strepitoso romanzo pubblicato da un avvocato quarantenne di Lione nel 2021, selezione Prix Goncourt, è comparso nelle nostre librerie soltanto nel novembre scorso. Menomale che la casa editrice romana E/O ha colto la pregnanza e l’attualità del tema trattato e nella traduzione di Giuseppe Giovanni Allegri ci offre la possibilità di conoscerlo.
Per capire di cosa tratta proviamo ad immaginare Gustav Flaubert che all’uscita della sua Madame Bovary venga accolto da una bordata di critiche perché si è messo nei panni di una donna, parlando in sua vece, peccando dunque di sostituzionismo, quindi, implicitamente di misoginia. Già, perché Flaubert è uomo, fa parte del genere maschile, e il maschio portando in sé il germe velenoso del patriarcato non può sinceramente mettersi dalla parte delle donne, anzi, se tenta di farlo è in malafede perché leva in quel modo alla donna il diritto di parlare a proprio nome… e immaginiamo questo genere di critica diventi valanga e travolga il povero Flaubert, minacciandone addirittura l’incolumità fisica. Povero Flaubert, che dovette difendersi in tribunale da altre accuse, non queste, fortuna sua, ma che, se fosse vissuto in tempi come i nostri in cui imperversa certa cultura Woke, cioè “consapevole” in ambienti accademici soprattutto anglosassoni, ma non solo, avrebbe corso quel rischio.
Questo è il tema che affronta Il veggente di Étampes, titolo di un libro che è la pietra d’inciampo del protagonista, un professore ultra sessantenne di storia americana in pensione, Jean Roscoff, divorziato, alcolizzato, reduce da una carriera universitaria azzoppata, perché, quando uscì un suo libro frutto di anni di lavoro sulla vicenda processuale dei Rosemberg che avrebbe dovuto sviscerare in tutti gli aspetti l’innocenza della coppia, il giorno stesso dell’uscita in libreria, il governo statunitense desecretò i dossier della Cia da cui emergevano inoppugnabili le prove che i due martiri laici erano state spie sovietiche a tutti gli effetti. Il libro di Roscoff viene ritirato dalla vendita e l’autore travolto dal ridicolo.
Ora, in età di pensione, un po’ per riempire il vuoto dei giorni, un po’ per portare a termine un vecchio progetto, scrive un lavoro che lo impegna a lungo in ricerche e accertamenti sul campo: è la biografia di un giovane jazzista americano, un nero espatriato dagli Usa negli anni Cinquanta perché iscritto al partito Comunista e rifugiato a Parigi, alla corte di Sartre, assieme ad altri noti intellettuali fuorusciti come James Baldwin. Si chiamava Robert Willow; non ci si affanni a cercarne le tracce perché è un parto della fantasia di Quentin. Questo eroe vive tre vite marcatamente diverse: una prima da jazzista negli Usa, una seconda al seguito di Sartre e degli esistenzialisti parigini, poi di punto in bianco una terza: si ritira in una vecchia casa a Étampes, nell’Essonne, dove sorprendentemente si dedica alla poesia, scrivendo in francese una serie di libretti che passeranno del tutto inosservati. La sua giovane vita si interrompe di colpo per un incidente stradale nella campagna francese.
Roscoff ricostruisce con cura i tre periodi vissuti da Willow concentrandosi sulla produzione letteraria degli ultimi anni e appronta il volume che finalmente arriva alle stampe. Già dalla prima presentazione pubblica comincia a montare una polemica che si farà feroce e inarrestabile: l’autore, a detta dei novelli Vyšinskij, non ha sottolineato a sufficienza che Willow era un nero, ha negato la sua negritudine, sovrapponendosi in modo illecito al suo soggetto. Roscoff si difende portando a scudo la storia del suo impegno negli anni Ottanta in SOS Racisme, ma questo non fa che peggiorare le cose: il suo, dicono i nuovi alfieri della sensibilità Woke, è un antirazzismo borghese che non fa ammenda di un razzismo inconscio rifiutandosi di vedere quanto i bianchi godano di una immunità che le altre razze non conoscono.
Il nuovo verbo, infatti, predica che, se biologicamente le razze non ci sono, dal punto di vista sociologico esistono eccome e sono discriminanti. Il libro di Roscoff diventa quindi l’insulto di un maschio bianco, il massimo dell’aggravante, alla memoria di un intellettuale nero spogliato della sua vera identità. La querelle intellettuale monta sui social fino a diventare un vero e proprio linciaggio: Roscoff si trova imbrattata la porta di casa con la scritta a vernice: razzista ed è abbandonato da tutti gli amici, dall’editore e dalla ex moglie. Gli si chiede di ritrattare, ma lui, antieroe che ci riporta alla mente i personaggi di Huellebeq, solitario, beone, ma in definitiva un buono, non sa di cosa si dovrebbe pentire, fatica a capire.
Nella realtà, in questi anni, follie di tal portata sono veramente accadute, si pensi a Carole Hooven, biologa che insegnava ad Harvard. Nel 2021 fu invitata da Fox News per parlare di sessi biologici e dell’importanza di parole come “maschio” e “femmina” nella scienza. A seguito del suo intervento una neolaureata pubblicò un tweet accusando la studiosa di transfobia. Hooven rispose attirandosi molte critiche. La polemica pontò al punto che la biologa ne fu travolta, l’università la abbandonò e lei fu costretta a dimettersi.
Il romanzo di Abel Quentin mette il dito sulla piaga rappresentando l’insensatezza e l’implicita violenza di queste correnti culturali che, dilagando da ristretti ambienti, hanno invaso molte realtà non solo accademiche; è importante che questa critica provenga da un intellettuale colto e raffinato e non sia delegata alla polemica politica corrente, vedasi le recenti esternazioni di Javier Milei, che rischiano di rivelarsi soltanto un boomerang.
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Luigi Dell’Orbo, nato nel 1962 in provincia di Pavia, vive da decenni in Piemonte, tenendo comunque vive le proprie radici lombarde.
Lettore appassionato e puntuale si occupa prevalentemente di narrativa italiana contemporanea.